Sam Altman, CEO di OpenAI, ha esortato gli utenti a esercitare cautela nell’utilizzo di ChatGPT, sottolineando come il modello possa occasionalmente generare contenuti imprecisi o fuorvianti, noti come ‘allucinazioni’.
Durante il primo episodio del podcast ufficiale di OpenAI, Altman ha dichiarato che molte persone ripongono una fiducia eccessiva in ChatGPT, nonostante i suoi limiti tecnici. Ha ribadito l’importanza della trasparenza nel riconoscere che la tecnologia non è ancora totalmente affidabile.
Altman ha inoltre parlato dei recenti aggiornamenti di ChatGPT, inclusa la memoria persistente e l’introduzione di un possibile modello supportato dalla pubblicità, i quali hanno sollevato nuove preoccupazioni sulla privacy degli utenti.
In un contesto di crescenti controversie legali, come quella con il New York Times per violazione di copyright, il CEO ha evidenziato l’impegno di OpenAI a mantenere un approccio aperto e onesto sullo stato attuale dell’AI.
In un’altra dichiarazione significativa, Altman ha cambiato radicalmente opinione sul tema dell’hardware: mentre in passato aveva sostenuto che l’AI non avrebbe richiesto nuovi dispositivi, ora sostiene che i computer odierni siano inadeguati per un mondo dominato dall’intelligenza artificiale.
Secondo lui, l’ecosistema tecnologico dovrà evolversi con dispositivi più consapevoli dell’ambiente e dotati di maggiore contesto nella vita dell’utente.
Queste affermazioni offrono un raro sguardo critico e autoconsapevole da parte del vertice di una delle aziende più influenti nel campo dell’AI, aprendo il dibattito sull’equilibrio tra innovazione, aspettative pubbliche e affidabilità operativa.
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La Cina sta rapidamente erodendo il vantaggio degli Stati Uniti nella corsa globale all’AI
Il predominio statunitense nel settore dell’AI è messo seriamente in discussione dall’avanzata cinese, che sta conquistando mercati globali grazie a modelli linguistici potenti e a costi ridotti.
Aziende come DeepSeek e Alibaba stanno rapidamente guadagnando terreno nei paesi emergenti, conquistando clienti prestigiosi come HSBC, Saudi Aramco e diverse università africane ed europee. Anche giganti tecnologici statunitensi come Amazon, Microsoft e Google offrono DeepSeek attraverso i propri servizi cloud, nonostante le preoccupazioni del governo USA riguardo alla sicurezza dei dati.
Le imprese cinesi beneficiano di un accesso privilegiato a enormi volumi di dati e a una forza lavoro altamente specializzata, elementi che stanno riducendo il gap tecnico con gli USA. Secondo uno studio dell’Università di Harvard, la Cina ha ormai il vantaggio su due pilastri fondamentali: disponibilità di dati e capitale umano.
Pechino sta inoltre investendo pesantemente per creare una catena di approvvigionamento AI autonoma, minimizzando la dipendenza da tecnologie occidentali. Il conflitto si sta trasformando in una nuova Guerra Fredda tecnologica, con implicazioni globali: i paesi sono sempre più chiamati a schierarsi tra sistemi AI ‘democratici’ e ‘autoritari’.
L’accessibilità dei modelli open-source cinesi, come Qwen di Alibaba, alimenta questa penetrazione globale e pone pressione sulle controparti americane, ancora legate a modelli chiusi e premium. OpenAI e altre aziende statunitensi stanno cercando di rispondere con espansioni strategiche e collaborazioni internazionali, ma il vantaggio competitivo si sta assottigliando.
Il rischio di una frammentazione dell’ecosistema AI è reale e potrebbe minacciare la cooperazione internazionale sulla sicurezza tecnologica e sulla gestione dei rischi legati all’AI, innescando una corsa sfrenata che mette a repentaglio trasparenza, governance e stabilità geopolitica.
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